Dopo il fortunato esordio di “Casa Nostra” dove erano raccontate ad un pubblico di ragazzi, in modo originale , senza parole, attraverso l’utilizzo metaforico dei giocattoli le collusioni in Italia negli anni berlusconiani della mafia con il potere politico, il Collettivo Hombre in "Alle armi ", che abbiamo visto al Fabbricone di Prato, si avventura ancora una volta in uno spettacolo squisitamente politico.
”Alle armi “ infatti si pone l’obiettivo di denunciare il valore economico e politico del pericolosissimo traffico internazionale, per lo più nascosto, delle armi, di cui tra l’altro il nostro paese è l’ottavo esportatore, ma non solo, anche di come le armi facciano parte ormai di un immaginario inconsapevole che porta spesso a minimizzarne la portata . Lo stile è il medesimo dello spettacolo precedente dove viene esplorata in scena “ l’idea del giocattolo nella sua dimensione metaforica, legata all’infanzia che innesca cortocircuiti inquietanti se inserita in contesti “adulti” e impiegata per trattare tematiche politiche cruciali” Diretto da Riccardo Reina che ne è interprete insieme a Angela Forti, Agata Garbuio, Aron Tewelde si pone in scena sempre con l’uso degli oggetti filtrato attraverso diversi linguaggi: dal teatro performativo e d’immagine, al cinema hollywoodiano, al musical, alla televisione, al videoclip, al mondo della moda, a quello dei social, tutto rimescolato dentro la cultura pop.
Le armi si presentano da una parte con la necessità reale o presunta di difendere uno stato, un territorio, i suoi confini, la sua stessa esistenza, dall’altra vi è l’esigenza di alimentarne la vendita fin dall’ Infanzia entrando nell’immaginario ancora in formazione dell’ infanzia, soprattutto ovviamente maschile.