Lo seguiamo questo amore, espresso in modo delicato sul palco con tutti i suoi abbandoni e le sue ritrosie, con Niccolò, all’inizio più restio, avendo l’incubo che la cosa si possa sapere in giro, con Valentino che invece vi si immerge con tutto il suo essere, dedicando al suo compagno la famosa canzone di Endrigo che dà il titolo allo spettacolo. È un amore tenero e profondo che deve essere però nascosto, perché proibito, perché peccaminoso agli occhi di una società bigotta che solo ultimamente, pur in modo recalcitrante, a cominciato ad “accettare”. Ma ad un certo punto, un messaggio, delle fotografie sul cellulare di Valentino, inavvertitamente,vengono scoperti da chi non doveva vederli e ogni cosa così si inceppa.
È lo stesso Nicolò che si mostra meravigliato per quelle foto che dice che gli sono state rubate. Ed è lui che, insieme agli amici di sempre, si avventa contro Valentino, che da solo, che sempre più solo, deve affrontare una vita che da quel momento si mostrerà sempre respingente e che lo porterà ad uccidersi. Il regista Alessandro Di Marco che ha scritto lo spettacolo con Lucilla Lupaioli, ormai uomo maturo, inizia e conclude lo spettacolo mostrandosi al pubblico, dichiarando in modo tenerissimamente esplicito che per certi versi quella storia è stata anche la sua e, aggiungiamo noi, di molti altri e che quello mostrato sul palco non dovrebbe più accadere . Nello spettacolo vi è qualche parola di troppo che il teatro dice già con grande naturalezza e forse a chi vive di nascosto la stessa esperienza sarebbe necessario dire con forza che la vita non dovrebbe interrompersi ma che andrebbe vissuta sempre pienamente con tutte le nature che essa ci offre .
Niccolò (Riccardo D’Alessandro) e Valentino (Andrea Lintozzi) con quel suo sguardo che dice tutto che non ha bisogno di parole ci conducono in uno spettacolo che andrebbe fatto vedere nelle scuole con le sue pudiche nudità affinché tutto ciò che si è visto non debba più accadere . Uno spettacolo raro nella sua feroce delicatezza che arriva finalmente al cuore, allo stomaco, al cervello dello spettatore.
MARIO BIANCHI