le recensioni di mario
AL LAC DI LUGANO POULENC E MASCAGNI
LA VOIX HUMANE E CAVALLERIA RUSTICANA CON LA REGIA DI EMMA DANTE
Data la sua relativa brevità, molto spesso “La cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni viene eseguita in un dittico con altre esecuzioni, il più delle volte , con “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, ma frequentemente anche con opere moderne novecentesche, che in questo modo possono essere conosciute da un pubblico più vasto. Questa bella occasione ci è stata riservata al LAC di Lugano che ha programmato, insieme al capolavoro di Mascagni, la “Voix humane” di Jean Cocteau, musicata dal compositore Francois Poulenc, con gli allestimenti dovuti alla regista siciliana Emma Dante con Francesco Cilluffo alla guida dell’Orchestra della Svizzera italiana e il Coro della Radiotelevisione svizzera, diretto da Donato Sivo.
Così in questo modo davvero inusuale dopo, dopo Il barbiere di Siviglia (2018), La traviata (2022) e Anna Bolena (2023), il LAC è ritornato con originalità e pensiero a produrre l'opera lirica, in questo caso proponendo due storie profondamente diverse ma accomunate dal tema della solitudine e del dolore d’amore dove la regista siciliana mette al centro il sentire femminile e il suo quotidiano svilimento. “Cavalleria Rusticana “ e “Voix Humane” sono le riprese di due allestimenti che hanno debuttato a Bologna nel 2017 e che hanno visitato anche il circuito lombardo.
“La voix humaine”, denominata una tragédie lyrique, fu composta in atto unico del compositore francese Francis Poulenc che la derivò dalla pièce omonima di Jean Cocteau, che firmò anche il libretto. Scritta nel 1958, debuttò, diretta da Georges Prêtre, il 6 febbraio 1959, avendo come protagonista il soprano Denise Duval, alla salle Favart del Théâtre national de l'Opéra-Comique di Parigi. La prima italiana avvenne il 18 febbraiodello stesso anno alla Piccola Scala con la stessa Duval diretta da Nino Sanzogno.
Il plot dell'opera, reso anche famoso per il cinema dall'appassionata interpretazione di Anna Magnani nel 1948, diretta da Roberto Rossellini, è ambientato in una camera da letto di Parigi, dove vive la sconsolata protagonista, indicata genericamente come "Lei" o "la Voce"(Elle o la Voix), spesso tormentata dallo squillo del telefono con cui alla fine riesce a parlare, nonostante la cattiva ricezione, con il suo amante. Noi ascolteremo tutte le grandi difficoltà del loro rapporto attraverso solo le parole della donna, a volte interrotte dal silenzio angoscioso e angosciante di ambedue, che ci faranno intuire le risposte difficoltose dell' uomo con il quale ha da poco terminata una tormentata relazione. Piano piano saremo partecipi delle ripicche, delle disillusioni, dei momenti felici riverberato anche dal loro primo incontro.
Scopriremo che la donna ha tentato di uccidersi e che una nuova amante è all'orizzonte che controlla il loro rapporto anche grazie a quel telefono che nel contempo però e l’unico filo che collegandolo a lui le rimane come l'unica ragione della sua vita. E infatti le sue ultime parole che tenteranno forse inutilmente di collegarsi ancora per l’ultima volta alla vita saranno “Ti amo”.
L'opera si configura come un lungo monologo, che mescolano tra loro musicalità e lunghi passaggi di canto senza accompagnamento musicale con la suoneria del telefono, prevista dal testo di Cocteau che viene resa attraverso uno xilofono.
“Cavalleria rusticana”è invece curiosamente la prima opera e la più famosa delle ben 16 (Iris e L'amico Fritz sono le altre due rimaste in repertorio) composte dal livornese Pietro Mascagni su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, tratto dalla famosa novella omonima di Giovanni Verga. L'opera andò in scena per la prima volta il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma. Curiosa anche l'occasione della sua nascita che si deve nel 1888 alla vittoria in un concorso dell'editore milanese Edoardo Sonzogno, aperto a tutti i giovani compositori italiani che non avevano ancora fatto rappresentare una loro opera.
La vicenda che si svolge a Vizzini, un paesino della Sicilia orientale vede al centro il tormentato amore della giovane Santuzza per il contadino Turiddu che però la tradisce con Lola, la moglie del carrettiere Alfio. In verità , prima di partire soldato, Turiddu si era promesso a Lola, ma essendosi protratta oltre il dovuto l'assenza del ragazzo , lola si era sposata con Alfio. Al suo ritorno, solo per ripicca, Turiddu si era fidanzato con Santuzza. Tutta la vicenda è ambientata in modo assai efficace nell'atmosfera popolare siciliana dominata dall’onore e dal forte cattolicesimo e termina con il duello all'arma bianca tra i due contendenti con il famoso morso di Turiddu al l'orecchio del rivale che accetta la sfida, uccidendo poco dopo il giovane, dopo un suo commosso e commovente addio alla madre. Non amando particolarmente il verismo a volte esasperato di questa opera, ogni volta che l’ascoltiamo comunque vi sono momenti che ci rallegrano fortemente come la serenata siciliana per Lola, il canto del carrettiere di Alfio, l’omaggio al vino di Turiddu e altri che ci commuovono davvero: il sublime intermezzo e soprattutto l'ultimo saluto alla madre del tenore a Lucia con alla fine dell'opera quel lancinante grido : hanno ammazzato compare Turiddu .
Emma Dante nella regia ripresa da Federico Gagliardi con il valente aiuto dello scenografo Carmine Maringola e dei costumi di Vanessa Sannino immagina giustamente due allestimenti molto diversi tra loro anche se pervasi dal medesimo sentore di taglio femminista, mai però esplicitato in forma diretta ma attraverso simboli e suggestioni di grande teatro. La “Voix humaine” ci introduce non in un luogo disadorno ma in una camera dalle pareti rosa con due letti e due comodini bianchi che piano piano si trasforma in un ospedale psichiatrico dove la protagonista parla con il suo ex amante da un telefono che ha il filo spezzato. Lo spazio scenico è attraversato da un medico e da due infermiere. Ma anche il passato sfiora la camera con l’apparizione dei due ex amanti felici. Nel finale ovviamente conoscendo la sensibilità di Emma Dante, il filo del telefono non si avvinghierà su di Elle ma sull’ amante. Tutto ciò avviene con profondità di intenti anche grazie alla bravura di Anna Caterina Antonacci, artista che amiamo e conosciamo da tempo che interpreta la protagonista con sensibilità straordinaria dove la voce, pur annientata dalla melanconia di un amore perduto, varia a seconda dei sentimenti tra prosa e musica.
Ovviamente Cavalleria rusticana si muove in un contesto assai diverso dove il palcoscenico, fasciato di nero, spesso vuoto si riempie di volta in volta attraverso tre piccole strutture verticali che, mosse da figuranti, definiscono tutti i luoghi dell’azione. Quello che interessa alla regista è di immettere l’opera in un’atmosfera opprimente dove la religione e l’amore non liberano ma opprimono. Ecco dunque le croci che invadono la scena, un Cristo nero che porta la croce frustato del centurione, Maria e le pie donne che con un bellissimo coup de theatre si identificheranno con il pianto di mamma Lucia in un commovente quadro vivente, le donne messe in disparte che spiano da lontano, tratteggiate spesso con ventagli come simbolo di seduzione.Ecco poi la Sicilia vista come una società maschilista con la violenza di Turiddu su Santuzza e le donne calpestate che diventano anche le cavalle di Alfio.
Apprezzabili le caratterizzazioni di Stefano La Colla, Veronica Simeoni, Dalibor Jenis, Lucrezia Drei rispettivamente come Turiddu, Santuzza, Alfio, Lola, meno convincente il canto, non sempre omogeneo,di Agostina Smimmero come Mamma Lucia. Francesco Cilluffo dirige con giusto piglio l'Orchestra della Svizzera italiana, il Coro della Radiotelevisione svizzera era diretto da Donato Sivo.
MARIO BIANCHI
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