PER APPROFONDIRE LO SPETTACOLO E CONOSCERE MEGLIO LA GIOVANE ARTSTA ABBIAMO VOLUTO INCONTRARA PRONENDOLE ALCUNE DOMANDEQuando è nato il gruppo Uror e come si struttura?Il gruppo Uror nasce nel 2019 dall'incontro tra me e Caterina Rossi. Ci siamo conosciute durante gli anni dell'accademia Silvio d'Amico, che entrambe abbiamo frequentato come attrici scoprendo però, con il tempo, il desiderio vivo di cimentarci nella creazione di opere a tutto tondo. Abbiamo 30 anni. Il teatro di figura vero e proprio lo abbiamo incontrato dopo la fine dell'accademia. La folgorazione c'è stata guardando “La Classe” di Fabiana Iacozzilli, conoscendo l'universo dei Quay Brothers e anche attraverso l'opera di Natacha Belova. Lì ci siamo incuriosite agli oggetti, alla figura, che abbiamo poi esplorato trasversalmente, cercando il nostro più proprio linguaggio.
Tutto ciò che so a livello tecnico lo devo a Michela Aiello, che è stata la nostra insegnante.
Come mai proprio Testori ha incuriosito un’artista della tua età e questo testo esresso con il teatro di figuraLo studio di Testori lo dobbiamo al bando BaT, Bottega Amletica Testoriana, indetta da Antonio Latella e Gilberto Santini nel contesto di AMAT Pesaro Marche. Grazie a questo provino ho potuto leggere moltissimo di questo autore a me ancora sconosciuto. Me ne sono innamorata, come penso tante e tanti di noi. Nel caso specifico dello sdisOrè, lo stavo sfogliando e qualcosa mi ha catturata immediatamente. La lingua testoriana, il fatto che ci fossero quattro personaggi e che io, casualmente, avessi davanti a me quattro maschere che rispondevano in maniera quasi perfetta ai caratteri dei personaggi disegnati dalla tragedia greca e quindi da Testori.
Così è sorta da sé l'idea di associare al testo il teatro di figura.
Credo che questo autore abbia una potenza tale da poter essere fruito da qualsiasi età e in qualsiasi età.
Cosa ha di meraviglioso il linguaggio Testoriano ?La lingua Testoriana è una lingua viva. E' una lingua che va presa a morsi. E' sanguigna, è musica, suono puro, pulsazione ritmica, e vive grazie alle inflessioni dialettali più sporche. Per la stessa ragione raggiunge anche i punti più nobili ed elevati del paradiso. è una lingua infernale e paradisiaca. Credo che l'italiano, in sé, nella sua forma costruita e pura, sia una lingua abbastanza morta. Perchè è una lingua composita e costruita, a dispetto del dialetto,-dei dialetti- che è la vera lingua dell'Italia, almeno secondo noi. Per questo può essere più facilmente incarnata, specialmente da delle maschere o da delle marionette. E' una lingua che si espone al ridicolo senza paura.
Che ricchezza ha il teatro di figura rispetto alla parola e come hai deciso di innestarlo ?La ricchezza della figura sta in moltissimi aspetti. Innanzitutto la figura consente la sparizione dell'attore. O meglio, consente all'attore di consegnarsi al suo ruolo più primigenio: il farsi puro tramite. L'idea che degli oggetti inanimati prendano vita, che lo sguardo del pubblico si convinca, magicamente, che un oggetto morto sia vivo, è straordinaria. Riuscire a regalare al pubblico questa magia è uno dei nostri obbiettivi e più profondi desideri. Poter scomparire dietro ad una maschera o una marionetta, inoltre, consente a qualcos'altro di venir fuori.
Qualcosa che senza maschere, marionette o oggetti, rimarrebbe nascosto dentro al corpo dell'essere umano. Per poter uscire dal corpo, per poter scoprirsi pienamente e senza vergogna, una maschera o una marionetta sono il tramite perfetto. E' un mezzo che ancora dobbiamo esplorare a fondo, ma queste mi sembrano le sue enormi potenzialità.
Rispetto alla parola infine, proprio questa lingua, quella di Testori, grottesca e capovolta, liquida e di carne viva, si presta benissimo e risponde alle maschere grottesche e alle marionette mostruose e ridicole che Caterina ha sapientemente realizzato.
Quali sono le difficoltà della tua generazione per entrare nel teatro italiano ?Parlare a nome di tutte e tutti è sempre rischioso.
Credo che le difficoltà della mia generazione nel campo dell'arte rispondano alla condizione di disastro generale che il mondo sta attraversando.
Come se avessimo la percezione di uno stato inquietante di minacciosa precarietà del mondo che incombe.Il futuro non è una promessa, ma una minaccia. Lo diceva Galimberti e mi sembra un'immagine coerente.
l disastro climatico, la guerra sempre più radicale, la pornografia della morte, le continue richieste che il sistema capitalista innesta e questo senso di dover sempre performare, sempre meglio, sempre ottenere un riconoscimento, tutto questo contribuisce affinchè ci sentiamo, in qualche modo, sopraffatte e sopraffatti.Eppure allo stesso tempo voglio credere che sia possibile, proprio a partire da questa ansiosa condizione di inquietudine, riuscire a trovarsi tra simili, per portare avanti una certa forma di resistenza a questo tempo accelerato.
Ci sono delle realtà affermate ( tra cui ovviamente Hystrio Festival) che credono e investono nelle giovani generazioni (anche in noi hanno creduto in molti, come le PAV, Gilberto Santini e la stessa casa Testori), e al contempo ci sono moti e tumulti sotterranei che spingono la nostra generazione a rimanere salda, unita, proprio per via di questa condizione di disastro culturale. Vogliamo credere che sia possibile ri-fondare un nuovo modo di vedere il mondo, anche se all'orlo del baratro.
Progetti futuri ?Sui progetti futuri sicuramente il gruppo UROR non è mai coerente con sé stesso a livello tematico. I nostri lavori cambiano spesso forma e non sono facilmente assimilabili l'uno con l'altro. Facciamo di questa poliedricità la nostra forza. Da un lato stiamo lavorando ad una mostra, un'esposizione installativa, mentre dall'altro cerchiamo, studiamo e leggiamo quanto più possibile per portare avanti la ricerca più puramente teatrale.
Sicuramente sappiamo che continueremo a lavorare con la figura e che ci interessa continuare a studiare il dialetto, le lingue vive sonore e grottesche. Speriamo però che siano i testi a trovare noi, e non viceversa.
MARIO BIANCHI