In questo modo, davvero colmo di suggestioni, ci troviamo di fronte a un Testori inedito che non si esprime nel famoso linguaggio misterioso, impastato da dialetti e idiomi diversi a cui siamo abituati dalle sue opere più famose, ma in un idioma nel medesimo tempo riconoscibile, ugualmente ricco del fuoco espressivo che contraddistingueva il suo teatro, ma qua composto da una lingua rigonfia di amore, un amore straripante, soprattutto carnale, a volte ricattatorio, che nasconde un’affettività fragile e dolorosa, che ha bisogno disperatamente dell’altro per esistere. In questo caso l’altro diventano gli spettatori che partecipano, attraverso la forza espressiva, mai doma delle parole di Bandini/ Testori che, in prima persona, a quell’amore così fragile e così disperato, dona parola per parola, senza mai quasi un attimo di tregua , tutto il suo folle entusiasmo per un affetto da consumare sino in fondo. La parola diventa davvero il mezzo per possedere anche quel corpo lontano. Nel medesimo tempo seguiamo lo scoppiare di questo sentimento.
Rivediamo il loro primo incontro a Parigi, i primi timorosi approcci, le fantasie erotiche e gli incontri nella capitale francese. In seguito poi a completare lo spettacolo arrivano le parole de "I trionfi ", primo libro di una trilogia poetica che Testori scrisse tra il 68 e il 70’ dove la poesia trabocca di immagini silvestri di stampo antico sempre,metaforicamente, intrise di quell'amore.
Memore della sua esperienza alla Bottega Amletica Testoriana di Latella e di U Alessandro Sciarroni dove una nuova esperienza lo aveva portato anche a cantare, Bandini si immerge in questo vero fiume di parole, capace di riconsegnarci ancora vivo e palpitante un amore che credevamo perduto nel tempo e che il Teatro è stato capace di ridonarci.
MARIO BIANCHI




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